Pochi giorni fa sono stato invitato da un’azienda per parlare di felicità. Quando ricevo questo tipo di richiesta, rispondo sempre in maniera positiva. Il tema della felicità, oltre ad averlo studiato per anni, mi appassiona particolarmente, e poterlo condividere con una platea interessata mi gratifica.

Come ho scritto anche nel mio primo libro, sono convinto che la felicità si realizzi trovando un equilibrio tra ciò che si è, ciò che si fa e ciò che si ama. Per essere felici non è pertanto sufficiente perseguire obiettivi sul piano personale, ma occorre fare in modo che questi generino un beneficio al contesto sociale e relazionale in cui vengono realizzati. Vinciamo quando la nostra vittoria fa vincere altre persone.

Al termine della serata, una ragazza del pubblico si è alzata e mi ha posto una domanda che reputo molto interessante: “È possibile avere paura di essere felici?” E senza lasciare spazio ad ogni minimo dubbio, la mia risposta è stata categorica: “Sì”. 

Ragioniamoci insieme. Chi ha provato momenti di felicità (e sono certo che anche tu li abbia provati), sa cosa significhi. La gioia ti pervade, ti senti bene, pieno di energie. Sei propositivo, hai voglia di fare e di condividere con le altre persone. Ma allo stesso modo, chi per un periodo ha smarrito la rotta della felicità, sa quanto sia difficile dare un senso al tempo che scorre. Si è apatici, tristi e ci si tende ad isolare.

E tra coloro che hanno perso la felicità, conosciuto l’infelicità, e poi si sono risollevati, c’è qualcuno che rifugge l’idea di ricercarla di nuovo, perché perderla è stato doloroso. Al fine di giustificarsi, si raccontano che la felicità non esiste, o addirittura, che non faccia per loro. La paura di essere felici ha preso il sopravvento, e con lei la decisione di rinunciare ad essa.

Così come farei con te, a quella ragazza ho risposto con una nuova domanda: “Sei davvero sicura che vuoi lasciar guidare la tua vita alle tue paure?”