È notte fonda: stai camminando per strada per dirigerti verso la tua macchina parcheggiata. Le luci dei lampioni tentano di illuminarti la via, ma la nebbia le smorza e le rende più lievi. Sei in allerta perché, come ti hanno detto in tanti, il quartiere in cui ti trovi non è dei più sicuri. E proprio mentre ti guardi in giro, vedi una persona all’angolo di un palazzo: è ferma, vestita di scuro e anche lei si guarda intorno. Chi è? Un malvivente? Uno spacciatore? Uno che fa il palo? Che cosa ci fa a quest’ora della notte, ferma, proprio lì? Tu, per andare alla macchina, dovresti proprio passarle davanti. Senti che qualche cosa dentro di te e nei tuoi pensieri sta cambiando, come se si accendessero delle sirene che hanno lo scopo di metterti in guardia.

Nel tuo corpo, che è una macchina a dir poco complicata e quasi sempre perfetta, si scatenano una serie di reazioni a catena: la pressione arteriosa aumenta; il metabolismo cellulare si intensifica; più glucosio viene rilasciato nel sangue, che tra l’altro viene dirottato verso i muscoli principali, come le gambe, in modo che dispongano dell’energia sufficiente per scappare qualora fosse necessario. L’adrenalina si diffonde in tutto il tuo organismo al punto da bloccare temporaneamente l’azione del sistema immunitario, che il cervello non reputa essenziale in tale situazione. È necessario, invece, essere pronti a fuggire o, in alternativa, prepararsi alla lotta. Il tuo cuore inizia a battere più forte.

Tutti questi processi vengono modulati e innescati dalla tua amigdala, una piccolissima struttura del sistema limbico che costituisce l’area più antica del cervello. L’amigdala tiene sotto controllo tutto quello che succede dentro e fuori di noi e nel momento in cui avverte una possibile minaccia attiva una serie di connessioni per generare quell’insieme di azioni complesse sopra descritte. Il tuo “sistema di allarme” avvisa subito il sistema nervoso affinché metta in moto una risposta concreta: la fuga o la lotta, alla quale dovrà collaborare tutto l’organismo.

Quello che hai appena letto altro non è che la reazione che viviamo tutte le volte che proviamo quell’emozione che porta il nome di paura. Così demonizzata dalla nostra società, la paura è un meccanismo adattivo fondamentale che ci aiuta a tenerci lontano dai pericoli che viviamo ed è fondamentale per la nostra sopravvivenza. Quando avvertiamo una potenziale minaccia si palesa con questi meccanismi. Il vero problema della paura è che la nostra mente non è in grado di distinguere le minacce reali da quelle psicologiche e intangibili, ombre che vivono nei nostri pensieri e che sono così difficili da disinnescare.

In più, quando proviamo ripetutamente quel tipo di paure in assenza di un vero e proprio pericolo, proviamo quelli che vengono definiti stati d’ansia generalizzati. Per non parlare poi degli attacchi di panico, un altro surrogato della paura, che si manifestano improvvisamente e prepotentemente facendoci perdere, quasi o totalmente, ogni legame con la realtà. Poi le fobie, paure irrazionali, spropositate e incontrollabili che riguardano qualcosa (situazioni, animali, ecc.) che non rappresentano un pericolo reale.

Insomma, nella corsa verso la nostra auto-realizzazione e la nostra felicità, la paura può essere un valido strumento, così come un terribile ostacolo. Molto dipende dalla nostra capacità di viverla e interpretarla. Fino a qualche anno fa anche io tendevo a combattere le mie paure e lo facevo evitandole. Ero certo che se “avessi cambiato strada” non le avrei mai incontrate. La verità era però tutt’altra: più cercavo di evitarle, più le vivevo; più provavo a farci a pugni, e più mi colpivano forte; più mi dicevo che io non provavo quelle paure, più le sentivo, e spesso quando meno me lo aspettavo. La conseguenza era vivere un perenne (o quasi) stato d’allerta. Per via della paura mi privavo di fare esperienza nuove, di osare, di vivere liberamente e, schiavo di quella condizione, mi rifugiavo dentro di me.

Ma un giorno tutto è cambiato: quel giorno ho deciso di guardare in faccia i miei mostri, accogliendoli nella mia vita e facendoli entrare piuttosto che combatterli. Quel giorno di non troppi anni fa qualcosa è cambiato dentro di me, anche se non sapevo come avessi fatto. Fu un episodio del tutto casuale. Studiando, ricercando e approfondendo l’argomento, avevo casualmente applicato su di me una strategia che si usa in psicoterapia (io non sono uno psicoterapeuta, e pertanto non la utilizzo con i miei clienti!!!) e che porta il nome di “tecnica della peggiore fantasia”. Tale tecnica prevede che, con una serie di accorgimenti, ogni giorno ci si prenda del tempo per sé e ci si auto-costringa a provare volontariamente la paura che ci tormenta, cercando di ingigantirla ed esasperarla. Questo processo, paradossale, porta ad un livello di assuefazione tale che quella paura perde d’intensità con il tempo.

Qui però il mio obiettivo non è farti una lezione magistrale sulle paure. Piuttosto ho voluto raccontarti tutto questo per stimolare il tuo pensiero ad uscire dagli schemi che magari in questo momento ti stanno imprigionando e che ti stanno facendo vivere nel nome della paura. Ti chiedo: se in questo momento, per un incantesimo tanto magico quanto assurdo, tu fossi libero/a da quelle paure che ti stanno limitando, che cosa potresti già fare? Se non provassi la paura di sbagliare, la paura di parlare in pubblico, la paura di ammalarti, la paura del giudizio, o qualsiasi altro tipo di paura, che cosa faresti di diverso? Come cambierebbe la tua vita? In che modo la vivresti veramente? Rompi le catene dalle paure ingiustificate e decidi di vivere nel nome della gioia. E se proprio non riesci a farcela da solo/a, chiedi aiuto! Ne vale la pena…


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